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Verdi e il Regietheater (2025)
Clemens Risi
Giuseppe Verdi, nel promuovere l’introduzione delle “disposizioni sceniche” in Italia, fu senz’altro tra i primi propugnatori dell’idea che un’opera dovesse assumere forma stabile anche negli aspetti di messinscena.
È accaduto così che proprio le sue opere dessero lo spunto in direzione di nuovi orientamenti sperimentali nella prassi allestitiva e nella regia operistica; secondo la tendenza che viene designata, in particolare nelle aree di lingua tedesca ma anche sul piano internazionale, con l’espressione “Regietheater”. Aperto da pagine riguardanti la questione d’una eventuale prassi scenica delle opere di Verdi storicamente fondata, il volume si concentra con approccio teorico e analitico su vari allestimenti verdiani a partire dagli anni 1980, cioè dal diffondersi del Regietheater in campo operistico.
Vengono prese in esame regìe di Peter Konwitschny, Balász Kovalik, Peter Mussbach, Dmitrij Černjakov, Hans Neuenfels, Klaus Zehelein, Jossi Wieler e Sergio Morabito, che sono state prodotte in teatri di Belgio, Germania, Francia e Italia. Punto centrale, la dimensione performativa delle messinscene verdiane intesa come dialogo tra palcoscenico e pubblico.
Come si lascia descrivere e spiegare ciò che accade nel preciso momento in cui Verdi viene messo in scena? E che cosa quindi è possibile descrivere e definire meglio oggi, tramite un’opportuna messa a fuoco sul piano della performatività, rispetto a quanto accadeva in passato?